Il futuro del vino non è rosé – articolo dell’FT su Pernod Ricard/Bain Capital

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A 10 anni di distanza dall’ultima volta (articolo a questo link), vi propongo un commento del Financial Times relativo alla vendita della divisione vino da parte di Pernod Ricard a un fondo di private equity, Bain Capital, che ha già acquistato Accolade Wines (Hardys). Il titolo, un brillante gioco di parole, già vi dice tutto: The future of wine is far from rosé, il futuro del vino non è rosé. Per chi legge questo blog in modo assiduo non molte novità: il consumo in volume di vino è in calo strutturale, tra cambiamenti delle abitudini dei consumatori e attenzione alla salute, quest’ultima con un impatto anche sui consumi di spiriti. E chiude con una considerazione che da anni si fa su queste pagine: il settore del vino, visto dal punto di vista industriale, è estremamente frammentato e deve “consolidarsi” (ossia meno aziende e più grandi) per mantenere i costi competitivi e continuare a essere profittevole, anche se su livelli inferiori che nel segmento degli spiriti. E, consentitemi, i fondi di private equity sono specializzati nello spremere le aziende. Un’ultima considerazione prima di lasciare spazio alla traduzione dell’articolo, che trovate nel resto del post: Pernod Ricard esce dal segmento vino fermo nel 2024, Campari aveva preso la medesima decisione nel 2016, ben otto anni prima, con le medesime motivazioni di Pernod Ricard: crescita e margini più bassi che nel settore degli spiriti. Per una volta, anche se questo va contro il mondo del vino, Italia batte Francia.

L’articolo (link all’originale) suona più o meno così:

Lo Champagne è più strettamente associato alle celebrazioni rispetto al vino fermo.

Ma il capo di Pernod Ricard, Alexandre Ricard, avrebbe tutte le ragioni per aprire una bottiglia di un grande rosso per celebrare, dopo l’accordo per vendere la maggior parte dell’attività vinicola, comprese le marche Jacob’s Creek e Campo Viejo. È una mossa saggia: il consumo globale di vino continua a diminuire.

Pernod sta vendendo i suoi asset vinicoli in Australia, Nuova Zelanda e Spagna — rappresentando una produzione annuale di 90 milioni di litri — a un consorzio di investitori guidato da Bain Capital. Lo stesso gruppo ha acquisito all’inizio di quest’anno il produttore vinicolo australiano Accolade Wines, proprietario di Hardys.

Uscire dal settore del vino (a basso margine rispetto agli spiriti) era sempre stato una questione di quando, non se, per Pernod Ricard, le cui attività principali ruotano intorno agli spiriti come il whisky Chivas Regal e la vodka Absolut. Il rivale britannico Diageo ha venduto il suo settore vinicolo nel 2015 (a LVMH, ndr).

Non ci sono molti dettagli, ma i margini operativi di Pernod Ricard nel vino — sebbene mai divulgati — sono probabilmente intorno alla metà della media del gruppo (27.6%), secondo la stima l’analista di Jefferies Edward Mundy. Nel 2023 la sua produzione vinicola è diminuita del 2%, rispetto al +11% per cento dei suoi marchi di spiriti internazionali. Il vino rappresenta il 4% dei 12 miliardi di euro di vendite.

Il consumo globale di vino è in calo dal suo picco di circa 25 miliardi di litri nel 2007. L’anno scorso è sceso a circa 22,1 miliardi di litri, secondo l’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV).

I giovani bevitori preferiscono cocktails o spiriti. Negli ultimi anni, i prezzi del vino sono aumentati poiché i produttori hanno trasferito nei prezzi i costi sempre più elevati. Purtroppo, è anche vero che anche il consumo di alcolici sta diminuendo poiché i consumatori diventano più attenti alla salute.

Il risultato è che la produzione globale di vino nel 2023 è stata del 7% superiore al consumo (dato da verificare perché non include gli “usi industriali”, ndr). I consumi sono previsti diminuire di una media dell’1%  per cento all’anno fino al 2028, secondo IWSR. E non è previsto alcun aumento dei prezzi — anche se alcune parti del mercato, come il rosé, sono più resilienti.

In Australia, le condizioni di mercato sono state particolarmente difficili da quando la Cina nel 2020 ha imposto tariffe sulle importazioni. Sebbene i dazi siano stati revocati quest’anno, il vino australiano soffre di un dannoso surplus. A metà 2023, le scorte erano del 16% sopra la media decennale.

L’acquirente dei marchi vinicoli di Pernod Ricard cercherà di tagliare i costi grazie alla combinazione con Accolade. L’accordo, prima di diventare operativo, richiede l’approvazione dell’Antitrust, visto che si stima che l’attività congiunta avrà una quota del 27% circa del mercato australiano. Ma se i commissari la approveranno, aspettatevi che ulteriori accordi saranno stappati (annunciati, ndr).

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Fondatore e redattore de I numeri del vino. Analista finanziario.

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