Australia/NZ


Delegat's – risultati a dicembre 2010

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Delegat’s ha completato una importante operazione di ristrutturazione finanziaria, acquistando per poco piu’ di 8 milioni di dollari locali la quota che non possedeva di Oyster Bay, l’azienda di punta del gruppo che produce l’omonimo vino e che rappresenta quasi il 40% delle vendite. Anche per questa ragione, l’indebitamento del gruppo e’ salito rispetto a fine anno. Piu’ importante e’ pero’ stata la ripresa di margini, dopo il disastroso semestre terminato a giugno 2010, che ha consentito di migliorare tutti i parametri finanziari del gruppo. Prima di addentrarci nei numeri, vediamo che cosa dice Delegat’s sul futuro: (1) le condizioni del mercato restano molto difficili, con ulteriori potenziali cali di valore degli asset biologici (di cui Delegat’s e’ ricca); (2) i cambi continuano a giocare contro il gruppo e questo non facilitera’ le esportazioni; (3) la vendemmia corrente sara’ sotto gli anni precedenti e quindi i volumi non cresceranno, mentre il gruppo spera di continuare a migliorare il prezzo medio di vendita, anche grazie ai pesanti investimenti di marketing; (4) nonostante un quadro meno positivo di quello di 6 mesi fa, Delegat’s dovrebbe generare un utile tra 20 e 25 milioni di dollari canadesi, allineato alle attese della borsa valori, e i numeri presentati a fine dicembre, se portati su 12 mesi (come in tutti i nostri grafici) sono allineati all’obiettivo di raggiungere 271 milioni di fatturato.



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Foster’s – risultati primo semestre 2010-11

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Foster’s ha pubblicato i risultati per il semestre terminato a dicembre 2010 e ha annunciato che la separazione tra la divisione birra e quella vino (Treasury Wine estates) sara’ operativa da Giugno 2010. Questi risultati (oggi parliamo soltanto della divisione vino, che chiamiamo per brevita’ TWE) sono caratterizzati dalla debolezza della divisione birra e dal miglioramento (prima dell’impatto dei cambi) della divisione vino. Se leggiamo quello che scrivevamo un annetto fa (cioe’ che Foster’s voleva separarsi dalla divisione vino perche’ offuscava i buoni risultati della birra), viene da sorridere. Resta il grande motivo di fondo: due entita’ separate consentono agli investitori di scegliere dove investire.



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Nuova Zelanda – produzione, superfici e settore vino – aggiornamento 2010

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E’ stato appena pubblicato il rapporto annuale sull’industria del vino della Nuova Zelanda, dove sono prodotte una serie di statistiche aggiornate al 2010 e, soprattutto, e’ riportato un interessante resoconto del presidente della locale associazione dei produttori, Stuart Smith. Una lettura molto interessante che trovate qui. Nel 2010 il mondo del vino neozelandese ha reagito alla crisi, e lo ha fatto intorno a due obiettivi: quello di massimizzare la qualita’ e quello di percorrere la strada della sostenibilita’. Piu’ che orientamento, bisognerebbe parlare di ossessione sulla qualita’. Vi faccio un semplice esempio. Le esportazioni sono cresciute del 26% a 1.4 milioni di ettolitri e hanno superato il miliardo di dollari locali (+5%). Ovviamente merito del vino sfuso. Invece tutto il commento e’ sulla perdita del 10% del prezzo di vendita del vino imbottigliato o sulla situazione competitiva del Sauvignon, che rappresenta l’82% delle esportazioni (1.16m di ettolitri) e che e’ il vero valore del settore vinicolo locale. Ecco, lo dice molto chiaramente all’inizio. E’ necessario ristabilire l’equilibrio: l’equilibrio tra domanda e offerta e’ un valore da preservare per poter continuare a fare soldi.



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Esportazioni di vino australiano – aggiornamento 2010

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Gli australiani sono i primi a pubblicare i dati sulle esportazioni 2010. Difatti, questi dati se li fanno pagare, a meno di non fare come noi che restiamo su quello che viene reso pubblico (motivo per cui trovate due grafici “copiati” dal loro comunicato stampa). Tutto come da copione: le esportazioni calano del 10% a 2049 milioni di dollari australiani nel 2010, a fronte di un incremento del 2% dei volumi a 7.8 milioni di ettolitri (praticamente il massimo storico) e un calo del prezzo medio di esportazione a 2.6 dollari australiani (-12%). Scavando i dati si possono fare alcune considerazioni: (1) il vini imbottigliati vanno molto male e quelli sfusi molto bene, parzialmente a causa del cambio di strategia dei produttori che imbottigliano in loco, soprattutto nel Regno Unito; (2) a partire da meta’ 2010 c’e’ una certa inversione di tendenza al deterioramento del prezzo mix dei vini imbottigliati; (3) il mercato inglese non e’ piu’ il principale mercato di destinazione dell’imbottigliato australiano, superato dagli USA; (4) il mercato cinese comincia a significare “qualcosa” per gli australiani, dato che e’ il quarto mercato sia per il vino imbottigliato che per quello sfuso (quasi il 10% del totale); (5) da ultimo, va considerato il cambio: il dollaro australiano si e’ rivalutato dell’11% contro le tre principali valute di riferimento: dollaro americano, sterlina e euro (media 2010 contro 2009). Se “rigirassimo” i dati per tenere conto dei cambi il -10% totale contro il +11% del cambio significherebbe che il valore delle esportazioni nei mercati locali e’ probabilmente rimasto sostanzialmente invariato.



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La classifica dei grandi marchi di vino nel mondo – aggiornamento 2010

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Se qualche giorno fa abbiamo osservato il boom dei prezzi dei grandi vini, con questo post cerchiamo di mettere a fuoco le cause e chi sono i 100 grandi nomi nel mirino degli investitori. Dunque, il Liv-ex fa una specie di statistica dove considera 5 fattori: (1) il peso totale del marchio sugli scambi del loro “mercato”; (2) il punteggio medio assegnato dalle guide; (3) il prezzo per cassa (sterline); (4) l’andamento dei prezzi rispetto allo scorso anno; (5) il valore stimato del marchio come numero di casse prodotte per valore per cassa da loro registrato. Da questo calcolone esce una classifica che, guarda un po’, e’ la stessa che fece Napoleone nel 1855. Difatti nel loro studio appare Napoleone sulla copertina. In 155 anni non abbiamo scoperto niente…

Prima di commentare i numeri e la (bassa) posizione dei nostri marchi, e’ il caso di elencare le ragioni che Liv-ex porta per spiegare il boom dei prezzi (+13% sui 100 nomi in media ma +38% sui primi 10 marchi) e le spiegazioni sul trend delle varie categorie: (1) i prezzi dei grandi marchi sono guidati dalla domanda asiatica; (2) per la prima volta da 5 anni che fanno la classifica i 5 premier cru di Bordeaux sono ai primi 5 posti; (3) e’ tutta colpa dei cinesi se esplode la domanda dei marchi facilmente riconoscibili ad elevati volumi della sponda sinistra di Bordeaux; (4) siccome non ci sono abbastanza grand cru si stanno adesso concentrando sui secondi vini; (5) lo Champagne va male perche’ la sua domanda e’ essenzialmente “occidentale” e poco “orientale”; (6) lo Chateneuf-du-Pape va particolarmente bene.

Questo post l’ho tenuto espressamente con i numeri e no grafici perche’ e’ bello leggerlo e consultare la statistica. Colore shocking a causa di vecchio excel… perdonerete… Ho spaccato la tabella per esigenze di spazio e dimensione dell’attachment.



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