Cominciamo a commentare la produzione DOC delle principali regioni italiane con i dati del Piemonte. Secondo Federdoc si sono prodotti circa 2.2 milioni di ettolitri di vino di qualità nel 2011, il 2% in meno del 2010. Il dato è molto vicino a quanto riporta ISTAT, 2.26 milioni di ettolitri, considerato che ci sono 5-6 caselle vuote nel reporting Federdoc che probabilmente contano circa 20mila ettolitri. Vediamo le tendenze delle maggiori DOC.
Quanto valgono le denominazioni italiane? Fattura di più il Brunello o il Barolo? Questo post cerca di fare un passo in questa direzione: va subito specificato che l’esercizio è difficile e che ci ha anche provato ISMEA in un recente rapporto presentato a Vinitaly. Qui mi prendo un rischio in più e allargo l’analisi. Che cosa ho fatto? Ho preso i prezzi all’origine del vino sfuso per ettolitro come pubblicati da ISMEA e i volumi di produzione per ciascuna DOC e DOCG come pubblicati da Federdoc, relativamente al 2011. Ho moltiplicato prezzo per volumi delle denominazioni di cui avevo i prezzi (2013), mentre per le altre ho fatto una assunzione di prezzo medio dei vini DOC, cioè circa 120 euro per ettolitri. I risultati li vedete nelle tabelle e in due grafici. Quali risposte? La DOC che vale di più in Italia tra quelle “misurabili” è Conegliano Valdobbiadene, con una stima di 108 milioni di euro. Invece, se prendiamo tutte le DOC e dove non ci sono i dati usiamo quelli generali, la prima DOC diventa Prosecco, che era poi una IGT del passato. Tornando alla questione Brunello contro Barolo… se i prezzi del vino sfuso Barolo sono circa il 15% superiori a quelli del Brunello, il volume del 35% più alto porta a un valore stimato di 65-70 milioni di euro all’origine contro il 40-45 milioni del Brunello. Chi vince? Il Nord Est dell’Italia. Il prossimo passo? Provare ai incrociare i volumi con i prezzi medi al dettaglio, per dare un valore “al dettaglio” per denominazione…
Devo dire che il rapporto Federdoc 2011 sulla produzione dei vini di qualità è migliorato in modo significativo ed è molto più completo del 2010. Non ci siamo ancora però i passi avanti sono tangibili. Con un po’ di pazienza, data input e trucchetti excel posso oggi presentarvi la classifica aggiornata al 2011 delle denominazioni ad origine italiane. Che cosa se ne deduce? Al di là degli andamenti di singole denominazioni, mi pare che si possa concludere che le denominazioni in chiara crescita sono quelle relative ai vini spumanti: sono grandi (quindi notorietà del marchio ed efficacia delle campagne promozionali) e il prodotto “funziona” con i nuovi stili di consumo. Il Prosecco e l’Asti sono nel 2011 la prima e la seconda DOC/DOCG Italiana. La seconda conclusione è che il consolidamento del settore su meno denominazioni non si sta verificando, anzi. Aumentano le denominazioni geografiche, “non storiche” tipo Sicilia o Piemonte, che a casa mia sarebbero delle IGT. Buona fortuna. Terza conclusione, mi sembra che nel 2011 sia andata meglio la produzione delle DOC rosse che non di quelle bianche e geografiche, almeno a guardare i dati delle prime 10 denominazioni. Detto questo, affondiamo nei numeri come al solito.
Nell’ambito del rapporto Mediobanca ci focalizziamo oggi sul sottogruppo delle aziende vinicole italiane, lasciando quindi fuori le cooperative che, data la mancanza dello scopo di lucro, “sporcano” i dati con i loro bilanci in forzato pareggio. L’analisi dei dati 2011 ci pone davanti al seguente quadro: (1) le vendite sono cresciute del 9%, grazie al fatturato estero, ma gli utili non sono aumentati, determinando una riduzione dei margini; (2) ciò è determinato sia da un incremento dei costi esterni (materie prime), che dell’incremento del costo del personale; (3) la generazione di cassa è stata salvaguardata dal contenimento degli investimenti, che sono stati al livello più basso degli ultimi anni. Anzi, per la prima volta sono stati inferiori agli ammortamenti, segnalando un graduale decremento della propensione agli investimenti che avevamo già osservato nel post precedente. Analizziamo i dati in dettaglio, con la annotazione che rispetto all’anno passato qualche azienda è stata riclassificata dalle aziende italiane alle aziende cooperative o estere (Gancia? Ruffino?). Se confrontate gli anni, quindi, tenete conto che la “base” delle 72 aziende qui analizzate è cambiata. Nel 2010 questa base fattura 2431 milioni, nel rapporto precedente ne fatturava 2451 milioni su 75 aziende.
Commentiamo il rapporto Mediobanca, cominciando “a volo d’uccello” con una panoramica di quello che è successo nel 2011 (perché di questo anno si parla). Ricordo che si tratta del cumulo dei risultati di 108 aziende vinicole con oltre 25 milioni di vendite e che I Numeri del Vino procede a una sorta di concatenazione di questi dati con quelli del passato per fornire un quadro di lungo termine di sviluppo del settore. Quali sono le principali evidenze del rapporto sul 2011? (1) Evoluzione molto positiva delle vendite (+9%, di cui +13% all’estero) che dovrebbe essere continuata nel 2012 (+7%) a fronte dei forti rincari delle materie prime e della spinta delle esportazioni; (2) riduzione dei margini di profitto (MOL sulle vendite dal 9.6% al 9.3% a fronte di un incremento dei consumi dall’80% all’80.8% del fatturato), che risulta ancora più evidente ove si considerino soltanto le aziende, escludendo le cooperative. Ciò implica che l’aumento dei costi delle materie prime e del personale ha “mangiato” praticamente tutto l’incremento delle vendite; (3) un pesante calo degli investimenti nel settore, i più bassi dal 2000 a questa parte sia in valore assoluto (meno di 200 milioni per queste aziende) che in termini relativi (per la prima volta sotto il 4% delle vendite). Proprio quest’ultimo dato è forse il più importante indicatore su cui ragionare in futuro: anche il mondo del vino sta “disinvestendo”? Il grafico proprio proprio qui sotto nel post vi mostra chiaramente che non sembra essere soltanto una tendenza di breve termine… secondo il rapporto nel 2012 gli investimenti si sarebbero ripresi del 10%. Vedremo.
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