2014


I risultati delle aziende vinicole italiane (escluse cooperative) – aggiornamento Mediobanca 2014

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Proseguiamo l’analisi dei dati del rapporto Mediobanca con l’analisi dei risultati delle aziende vinicole italiane (87 con un fatturato superiore a 25 milioni di euro), quindi escludendo le cooperative e le poche (7) aziende a controllo estero. Si tratta del 54% circa del campione del rapporto in termini di fatturato, quindi il 32% del settore italiano del vino. L’analsi è molto più pregnante perchè include le aziende che hanno “scopo di lucro”. I dati 2014 ricalcano il tema già affrontato: fatturato stabile (meglio delle cooperative, che hanno subito un calo del 2%) con una timida crescita delle vendite all’estero compensata dal calo nel mercato italiano, margini in netto miglioramento grazie ai minori costi esterni, investimenti ancora bassi e uno stato di salute finanziario molto buono (3.1x debito/MOL), vicino al minimo storico da quando guardiamo il rapporto. Il 2015 beneficerà di una robusta ripresa delle vendite (+6%), supportata sia dall’Italia che dall’estero. Stante la situazione positiva dei costi di produzione (uva/vino all’origine in crescita solo moderata e assenza di inflazione) il 2015 dovrebbe segnare un ulteriore miglioramento dei margini e potenzialmente riportare il ritorno sul capitale delle aziende vinicole vicino al 10% dal 9% attuale. Per ora concentriamoci sui dati 2014, nel prosieguo del post.

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I risultati delle aziende e cooperative vinicole italiane 2014 – Rapporto Mediobanca

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Il rapporto Mediobanca analizza la performance economico-finanziaria delle maggiori 136 aziende vinicole, che rappresentano circa il 60% della produzione e export italiani. Come sempre cominciamo dal quadro generale, per dedicarci nelle prossime settimane a un paio di “sottogruppi”, in particolare escludendo le cooperative e considerando il sottogruppo degli “spumanti”. Il quadro del 2014, che il rapporto analizza in forma completa, direbbero gli inglesi essere “mixed”: i margini migliorano (calo dei costi delle materie prime) e i debiti crescono meno degli utili ma dall’altra parte la crisi del mercato italiano ha messo a freno la crescita delle vendite, la produttività del settore ancora stenta un po’ e il livello degli investimenti ha toccato il minimo storico in relazione al fatturato. Molto meglio sembra essere intonato il 2015, del quale il rapporto fornisce unicamente il fatturato, che cresce del 5%, grazie al +6.5% delle vendite all’estero, oltre a qualche indicazione come la ripresa degli investimenti. Guardando i costi dei fattori produttivi c’è da immaginare che si sia realizzato un ulteriore miglioramento dei margini, anche perchè la crescita estera è in parte ottenuta attraverso il rafforzamento delle valute straniere (dollaro e sterlina nel nostro caso), cui non corrisponde un incremento parallelo dei costi, principalmente denominati in euro. Andiamo dunque a leggere i dati insieme con l’avvertenza che in questo campione ci sono sia aziende che cooperative. Come sapete, queste ultime non hanno scopo di lucro; inserendole quindi in questo campione i dati sul margini e sul ritorno sul capitale sono più bassi di quelli delle aziende, che andremo a commentare tra qualche giorno.

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Il settore vino secondo Food Industry Monitor di UNISG – aggiornamento 2016

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foodindustrymonitor g1L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG) in collaborazione con la BSI Bank ha lanciato nel 2015 il “Food Industry Monitor”, un’osservatorio sul settore del food che analizza i dati di bilancio cumulati di 820 aziende italiane. Un’anticipazione dell’edizione 2016 per il comparto vino è prossima ad essere diffusa in occasione del Vinitaly. I risultati dell’intero osservatorio saranno discussi a Pollenzo il 16 giugno prossimo, in occasione di un convegno che prevede la  partecipazione di importanti attori del settore. Oggi, mettiamo in linea alcuni dati e una breve analisi dei dati che il Prof. Carmine Garzia ha raccolto ed elaborato.

La particolarità del lavoro, che per certi versi ricorda l’indagine sul comparto vinicolo svolta annualmente da Mediobanca, è la segmentazione del settore tra le aziende vinicole produttrici, i cosiddetti “trader” che acquistano vino per confezionarlo e rivenderlo, e le cooperative. I dati a fine 2014 mostrano un settore in salute per le 103 aziende raccolte nel campione. Se il fatturato è cresciuto soltanto dell’1%, a 4.7 miliardi di euro, l’utile operativo è balzato a 259 milioni, con il contributo sia dei produttori di vino che dei trader. Ancora più rilevante è che a fronte di risultati in crescita l’indebitamento sia rimasto sostanzialmente stabile, il che ha portato a un ulteriore rafforzamento dei rapporti patrimoniali. Con un rapporto debito su MOL di 2.4 volte per i produttori di vino e 2.6x volte se includiamo anche trader e cooperative, il settore del vino appare molto meno indebitato che in passato: potrebbe essere un buon momento per spingere delle aggregazioni e creare operatori più forti per aggredire nuovi mercati.

Andiamo ora in dettaglio con qualche numero.

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Il commercio mondiale di vini sfusi – aggiornamento 2014

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Fonte: elaborazione inumeridelvino.it su dati UN Comtrade

Nelle infinite possibilità che vengono offerte dal database UN Comtrade, ho estratto oggi una serie di dati che riguardano i vini sfusi. Ma quanto rappresentano i vini sfusi sul trade mondiale di vino? Se guardiamo al 2014, l’ultimo anno che analizziamo oggi, i vini sfusi sono poco più del 10% del valore scambiato mondiale di vino, circa 2.8 miliardi di euro rispetto a circa 26 miliardi di euro totali. Ben più importanti sono invece se prendiamo in considerazioni il volume scambiato: i dati di UN Comtrade parlano di circa 40 milioni di ettolitri rispetto a un totale riportato dal centro studi di circa 77 milioni, quindi poco più del 50%.

E’ un mercato che ha avuto uno sviluppo piuttosto marcato nel corso degli ultimi anni, con una crescita da 2 a 3.1 miliardi di euro tra il 2009 e il 2013, per poi subire una brusca battuta d’arresto nel corso del 2014, quando a fronte di volumi mantenutisi stabili intorno ai 40 milioni di ettolitri, il valore delle esportazioni cumulato dei paesi che aderiscono al database è sceso dell’11% a 2.8 miliardi di euro. Cosa è successo? L’effetto prezzo spiega tutto e, anche se i dati si riferiscono al 2014, credo una buona parte della spiegazione sia da ricercare nel costante calo cominciato nel 2013 dei prezzi delle materie prime, sia energetiche che non. Il vino sfuso è una merceologia “di base”, una “materia prima”. Per questo potrebbe aver subito l’impatto della crisi mondiali dei prezzi delle materie di base.

Venendo ai dati che presentiamo oggi, la leadership del mercato è della Spagna e lo è sempre stata salvo nel 2010 anche se questo segmento è anche molto influenzato dai rapporti di cambio. L’Italia, che ha visto calare anche nel 2015 i suoi vini sfusi, è storicamente il numero due di questo mercato, con una quota del 14-15% a fronte del 17-18% degli spagnoli, mentre il numero tre è la Francia che ha avuto quote di mercato nell’intorno del 10-11%.

Andiamo a leggere qualche dato insieme.

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Marche – produzione vino ISTAT 2014

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In attesa dei dati 2015 che dovrebbero essere pubblicati in un paio di mesi, chiudiamo la carrellata delle regioni italiane per quanto riguarda la produzione di vino 2014 con le Marche. I dati produttivi, 915mila ettolitri, ci dicono che la vendemmia è andata come nel resto d’Italia, quindi con un calo di circa il 12%. Siccome però la regione ha vissuto anni molto difficili, se confrontata con le medie storiche la vendemmia non è stata così drammatica. Resta sul tavolo un tema di qualità della produzione, se i dati che ISTAT produce sono corretti, visto che risulterebbe esserci stato un pesante spostamento dai vini IGT a quelli da tavola, oggi a un livello (46% della produzione) tra i più elevati registrati in Italia. Andiamo a leggere qualche dato insieme.

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