2016


Esportazioni di vino italiano – aggiornamento febbraio 2016

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Febbraio 2016, bisestile. Un giorno in più, lavorativo, rispetto allo scorso anno. Export di vino +10%, ma anche togliendo l’impatto del 29 febbraio sarebbe +7%. Le esportazioni italiane si riportano in carreggiata, dunque, secondo i dati rilasciati proprio stamattina da ISTAT. In realtà la notizia non è questa, ma bensì quella che trovate immortalata nel grafico qui sopra: per la prima volta nella storia le esportazioni di spumante sfondano quota 1 miliardo di euro, esattamente 1014 milioni nei 12 mesi terminanti a febbraio. L’impulso del Regno Unito continua a essere fortissimo, oltre +57% nei primi due mesi dell’anno, tanto che ormai metà della crescita della categoria è legata a questo mercato. E’ però incoraggiante vedere che gli Stati Uniti continuano a crescere e che anche la Gernania dopo una battuta d’arresto è partita bene. Critico sarà ora vedere cosa succede a Marzo. Ma andiamo a commentare anche gli altri dati…

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Esportazioni di vino Italia – aggiornamento gennaio 2016

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Come da copione da ormai un paio di anni, le esportazioni di gennaio sono “deboli”. E’ vero per il mondo del vino, -0.4% in gennaio, è vero per il totale delle esportazioni italiane, -3% (dato pubblicato circa un mese fa). In entrambi i casi, nonostante già il mese di gennaio 2015 fosse stato in calo. Non si tratta di un caso: insieme ad Agosto è il mese meno importante per le esportazioni di vino. I dati che commentiamo oggi hanno dunque una significatività limitata, soprattutto se presi singolarmente e non all’interno dei trend strutturali  che stiamo osservando e che continuano rispetto ai mesi precedenti. Mi riferisco in particolare alla crescita dei vini spumanti, che continua e che vede una “sorpresa” nel primo mese veramente positivo per l’Asti da molto tempo a questa parte, alla graduale stabilizzazione delle esportazioni di vino sfuso e alla forza del prodotto italiano nei mercati anglosassoni. Tornando ai numeri, i 327 milioni di export di Gennaio portano il totale sui 12 mesi a 5354 milioni. Sebbene stabili rispetto a gennaio 2015, rimpiazzano un dato negativo del 5% e dunque il trend sui 12 mesi passa dal +5.4% con cui abbiamo chiuso il 2015 a +5.8%. Andiamo a qualche numero in dettaglio.

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Appunti di viaggio, Sud Africa – di Angelo Gaja

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Il mio primo viaggio in Sud Africa l’ho fatto prima di Pasqua.

Il Sud Africa ha una popolazione di 55 milioni di abitanti, dei quali 7 milioni di bianchi. Presidente della Repubblica é Jacob Zuma che non soltanto è stato condannato recentemente dalla Corte Costituzionale, ma ha anche la sfiga di arrivare dopo il grande e carismatico Mandela, grazie al quale venne messo fine all’apartheid.

La lingua maggiormente parlata é l’afrikaans, introdotta dai colonizzatori olandesi, a fianco di una cinquantina di altre lingue e dialetti. Da qualche anno la prima lingua che viene insegnata a scuola è l’inglese, che sta guadagnando spazio anche in altre nazioni africane e sarà destinata nel tempo a divenire assai più di una lingua veicolare. Sono stati gli olandesi ad introdurre la viticoltura in Sud Africa nella seconda metà del 1600, ricorrendo alle varietà francesi. La varietà storicamente più diffusa era il Pinotage, incrocio Pinot nero-Cinsault.

La produzione annuale di vino sfiora i 10 milioni di ettolitri, per il 60% controllato da cantine cooperative, il 50% consumata in loco ed il resto esportato. In tutto il paese le cantine sono 700, esigua la presenza di cantine artigianali.

A pochi chilometri da Cape Town e dalla costa (mi sovviene Tachis: “la vite ed il vino amano il respiro del mare”) si trova STELLENBOSCH, che corrisponde sia al nome della città che a quello dell’area viticola d’eccellenza, incorniciata in un paesaggio mozzafiato. Nell’area operano 170 cantine, tutte di proprietà dei bianchi di ceppo olandese, anglosassone, … Le cantine cooperative qui controllano soltanto il 10% della produzione. Il clima trae beneficio dalle correnti fredde oceaniche originatesi dal polo antartico. Suoli che derivano da alterazioni del granito. Vigneti a media/bassa densità di impianto, a spalliera, potati a cordone speronato, irrigati, condotti in sistema convenzionale; qualche interesse per la conduzione biologica. Il Pinotage praticamente soppiantato dalle varietà internazionali, quelle a tutti note già piantate nei paesi del “nuovo mondo”, quelli al di fuori dell’Europa. Alcuni luoghi di produzione esibiscono abitazioni storiche, ville ampie di grande fascino, di stile architettonico olandese. Le cantine visitate sono immerse in giardini vasti, ricchi di vegetazione e di fiori, curati da mano d’opera di colore e di bassi salari. Ovunque bacini per la raccolta di acqua piovana e sorgiva ove c’e’. La produzione é affidata a macchinari moderni: l’avvento di Mandela, 1992, aprì le porte alle importazioni ed avviò la modernizzazione del paese. Locali capienti per la degustazione e l’acquisto diretto di vino in cantina, personale qualificato, attenzione alla temperatura di servizio dei vini. Presso molte cantine i visitatori possono godere dell’accoglienza di luoghi di ristoro e camere. Grande sfoggio in etichetta di nomi varietali, oltreché di nomi di fantasia. Livello di qualità dei vini assaggiati: medio-alto. Nei vini bianchi eccelle una varietà scarsamente diffusa nel ”nuovo mondo”, lo CHENIN BLANC, che ho molto apprezzato per eleganza, sapidità e freschezza conferitagli da una acidità vibrante. Con il cambiamento climatico in atto è questa una varietà che, i produttori che lo desiderano, dovrebbero essere autorizzati a piantare anche in Italia centro-meridionale. Nelle varietà ad uva nera primeggiano SHIRAZ, oltreché Cabernet Sauvignon.

Cantine visitate

JORDAN,  – accolti dalla proprietaria Kathy Jordan, molto attenta alla storia dei luoghi, con grande affabilità e professionalità.

MEERLUST, fondata nel 1693, cantina storica per eccellenza. Dal 1980 produce RUBICON, porta lo stesso nome del vino prodotto a Napa da Francis Ford Coppola. Le due cantine hanno trovato modo di non litigare, assegnandosi sul mercato aree diverse di competenza. Rubicon é stato il primo vino sud-africano ispirato al taglio bordolese classico.

A Meerlust incontro a pranzo, organizzato magistralmente in cantina, Giorgio Dallacia  pordenonese trapiantato a Stellenbosch dal 1974. Di lui ho poi sentito soltanto parlare bene nel prosieguo del mio viaggio. Gli viene riconosciuto il merito di avere favorito la crescita qualitativa dei vini di diverse cantine offrendo consulenze, consigli e suggerimenti, oltreché instancabile promotore della cultura italiana. Mi è successo spesso, nei paesi esteri, di incontrare personaggi, di origine italiana e non, la cui azione ha portato beneficio di immagine all’Italia e sempre ho sofferto la mancanza di generosità del nostro paese, l’incapacità di istituire un riconoscimento, CAVALIERI D’ITALIA?, da assegnare loro. Giorgio sarebbe un candidato ideale.

DEMORGENZON, a fianco dell’ingresso della cantina un vigneto soffuso di musica. Già visto anche in Italia. Però mi sorprende il proprietario, Hylton Appelbaum, allorché mi dice di avere seguito da tempo gli studi sul linguaggio delle piante, condotti dal prof. Stefano Mancuso. Sempre alle ricerche condotte dal prof. Mancuso sul modo di comunicare delle piante ha fatto riferimento Andrew Jefford nell’articolo pubblicato sul numero di DECANTER aprile 2016. Una sensibilità in più per fare sorridere le viti.

RUSTENBERG, vasta proprietà condotta da Simon Barlow e dal figlio Murray. Villa splendida, luogo incantevole che i proprietari affittano anche per riprese ai cineasti holliwoodiani.

RUST EN VREDE, di proprietà di Jean Engelbrecht, molto intraprendente, anche proprietario di 8 ristoranti in Sud Africa attraverso i quali promuove i suoi vini.

DELAIRE GRAFF, investimento recente e faraonico operato dallo svizzero Laurence Graff, ricchissimo imprenditore dei diamanti e delle pietre preziose. 35 ettari di vigneto, oltre 5 ettari di giardini tenuti che è un incanto, una architettura ricercata e curata nei particolari, cantina super-attrezzata, un relais chateau con 10 suites per abbienti, 3 ristoranti, opere d’arte preziose degne di museo disseminate ovunque. Una esagerazione? Un capriccio? non solo, anche un investimento operato da un soggetto ricchissimo che trasmette un segnale molto forte: di condivisione e di fiducia nel futuro glorioso dei vini di Stellenbosch.

MORGENSTER, di Giulio Bertrand, biellese del tessile convertitosi dal 1992 alla produzione di vino ed olio d’oliva eccellente, giudicato dagli esperti come quello di migliore qualità in provenienza dall’emisfero Sud. A Morgenster ha piantato anche Nebbiolo e Sangiovese. Ad 89 anni di età portati gagliardamente, Giulio coltiva progetti futuri avvincenti. Un onore avere il piacere di ascoltarlo.

HAMILTON RUSSELL VINEYARDS, non è a Stellenbosch, ma nell’area vicina di Hemel-en-Aarde Valley. Distante dalla costa non più di 2 chilometri, con un clima ancora più fresco. Conduzione biologica dei vigneti con passaggio al biodinamico. Il miglior Pinot Nero assaggiato.

NESSUN DORMA. Le aree vitivinicole più vocate del “nuovo mondo” sono in grande spolvero. Con crescenti cure dedicate a vigneto, cantina, accoglienza e marketing.

Angelo Gaja, aprile 2016

Nessuno ha la verita’ in tasca – di Angelo Gaja

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Tra il 1850 ed il 1890 si abbatterono sulla viticoltura europea l’oidio e la peronospora, fitopatologie nuove ed aggressive come non si erano mai viste nei secoli precedenti. I viticoltori dovettero imparare a combatterle sistematicamente con l’impiego di antiparassitari, zolfo e rame, se volevano salvare la produzione d’uva. Come non bastasse, qualche tempo dopo arrivò la fillossera ad innescare la moria delle viti, a seguito della quale si fu costretti ad estirpare la totalità dei vigneti per reimpiantarli successivamente su portainnesto di vite americana, quest’ultima resistente alla malattia. Sembrò a quel tempo che la viticoltura europea ricevesse un colpo mortale. Non fu possibile allora attribuire il disastro al supposto cattivo stato di salute della viticoltura causato da un impiego eccessivo della chimica, perché non se n’era mai fatto uso prima; alla monocoltura, perché si era sempre praticata la policoltura; alla perdita di biodiversità, perché non ce n’era mai stata così tanta. Ci fu un ampio abbandono della viticoltura in favore di altre coltivazioni. Poi, gradualmente, si trovarono le contromisure e nel secolo scorso si individuò nella chimica il mezzo più efficace per contrastare le fitopatologie attraverso l’impiego di antiparassitari, definiti via via anche come fitofarmaci, pesticidi, veleni chimici. E la chimica, a farla da padrona, continuò a fornire altri prodotti ancora da impiegare in qualità di fertilizzanti e diserbanti. E’ nel secolo corrente che prende forza la domanda di una agricoltura che faccia meno ricorso alla chimica e si affermano per il cibo l’esigenza della sanità, a protezione della salute del consumatore, e della pulizia, affinché la coltivazione non divenga inquinante per l’ambiente.

L’obiettivo primario di ridurre l’impatto della chimica in viticoltura viene oggi perseguito con la lotta integrata, che riduce l’uso di antiparassitari integrandoli con prodotti che non sono di origine chimica; la conduzione biologica, che limita l’uso di prodotti chimici ai soli rame e zolfo; la conduzione biodinamica che esclude l’uso della chimica. Ma non ci si può fermare soltanto qui. Vanno utilizzati anche quei sistemi che consentono di arrivare a produrre viti che offrano una buona resistenza alle malattie, inseguendo così l’obiettivo di contenere/abbattere il ricorso alla chimica per combatterle. La recente scoperta del sequenzionamento del genoma della vite offre oggi alla ricerca nuove importanti opportunità: di individuare le viti che ospitano il gene della resistenza (al patogeno) e trasferirlo nel genoma di viti che non lo posseggono. Pratica da avviare attraverso l’impiego di biotecnologie che non sono equiparabili agli OGM transgenici. Andrà chiesto ai vivaisti di dedicare maggiore attenzione al materiale derivante da selezione massale, per non affidarsi totalmente alla selezione clonale che produce viti più fragili. Al fine poi di recuperare salute al vigneto, andranno estese le pratiche che consentono di rafforzare la vitalità del suolo. La strada per abbattere l’uso della chimica nel vigneto è lunga, se la si vuole condurre con successo va percorsa senza paraocchi, utilizzando tutti gli strumenti disponibili.

Angelo Gaja

Treasury Wine Estates – risultati primo semestre 2015/16

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I risultati del primo semestre 2015-16 mostrano il ritorno di TWE alla crescita sia delle vendite che dei margini. Come abbiamo già commentato nei post precedenti, l’azienda viene da un lungo percorso di rilancio, cominciato con la svalutazione degli eccessi di scorte, la ridefinizione delle priorità del portafoglio, fino appunto al rilancio commerciale. Certamente non è stato solo questo: la svalutazione del dollaro australiano è continuata nel semestre, -11% in media per l’azienda, aiutandola a sfondare nel mercato asiatico e a migliorare i margini in tutte le aree di attività. Non solo, come sapete TWE ha annunciato l’acquisizione di Diageo Wines per 600 milioni di dollari americani, che viene consolidata da gennaio (quindi non compresa in questi numeri che vanno da luglio a dicembre 2015) e che non determina un significativo cambio della struttura finanziaria, che non mostrava debito a fine anno. Tornando ai numeri del semestre, le vendite di 1.08 miliardi di dollari locali crescono del 22% e l’utile operativo prima dei costi generali raggiung 146 milioni di dollari, +72%. In entrambi i casi la metà di questa crescita viene dai cambi, l’altra metà dal processo di rilancio. Andiamo a leggere qualche numero insieme.

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