bilancio 2015


Baron de Ley – risultati 2015

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Meno utili ma più generazione di cassa. Questo può essere un riassunto efficace dell’annata 2015 di Baron de Ley, che ha visto il fatturato riprendere vigore e superare i 90 milioni di euro (non lo faceva dal 2007) ma un calo dei margini che il management ha associato al rincaro dei costi delle materie prime e alla svalutazione del valore del vino in magazzion. Tutto ciò non ha però intaccato la generazione di cassa, che in una annata senza riacquisto di azioni e pagamento di dividendi, ha toccato quota 30 milioni di euro, non male per un’azienda che ha un valore di borsa inferiore a 500 milioni di euro. Infatti, nell’ultimo anno, le azioni sono cresciute del 19%, meglio di tutte le altre piccole aziende europee del segmento vino quotate (Advini +8%, Masi 0%, Italian Wine Brands -7%). Con 140 milioni di euro di cassa netta Baron de Ley potrebbe comperarsi il 30% del capitale (come peraltro ha fatto per diversi anni). Chissà che cosa succederà nel 2016… per ora andiamo ad analizzare i dati.

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Santa Margherita – risultati 2015

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Il 2015 di Santa Margherita è un anno di transizione, in cui è stata fatta l’importante scelta strategica di distribuire direttamente in USA  e il cui costo di avviamento ha fortemente influenzato i margini aziendali. E’ anche un anno strano: il primo dalla crisi del 2009 in cui le vendite estere crescono meno di quelle italiane. Intendiamoci: sono le vendite italiane che sono andate molto bene.

Il bilancio che ne risulta ha un un profilo di crescita delle vendite coerente con gli anni passati (+7%, il salto sarà nel 2016, incamerando fatturato e margine americano), mentre utili e margini sono stati come dicevamo influenzati dall’operazione in USA. In particolare, la distribuzione è stata avviata nel 2015 soltanto per i brand secondari, mentre le vendite di Santa Margherita sono iniziate solo nel 2016, ma non i costi della struttura a questo scopo dedicata. Detto questo, nel 2015 i margini di profitto e il ritorno sul capitale si sono attestati su un livello leggermente inferiore agli anni precedenti ancorchè soddisfacente (e giudicato in modo positivo dall’azienda), anche provvedendo ai necessari aggiustamenti. Passiamo a discutere qualche numero insieme.

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Lanson BCC – risultati 2015

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Dopo aver commentato dati molto negativi di Vranken Pommery, i risultati di Lanson BCC non sono più una sorpresa. Il 2015 è stato un anno difficile, con un forte calo dei risultati soprattutto nel primo semestre e un finale d’anno colpito dal rallentamento del mercato francese, che vi ricordo rappresenta il 60% delle vendite di Lanson. Con vendite in calo del 3%, l’utile operativo scende del 18% e l’utile netto cala del 23%. Il tono del comunicato di Lanson non è però negativo. Si lamenta la forte competizione sul mercato francese (ma non gli attentati) e si mette in luce che una delle ragioni dei risultati negativi è anche il processo di riorganizzazione della rete internazionale di distribuzione e gli investimenti nelle differenti filiali produttive in Francia.In effetti, il fatturato del primo trimestre 2016, +5%, lascerebbe intendere che i numeri possano migliorare quest’anno, anche se nei primi 3 mesi dell’anno viene realizzato soltanto il 15% del fatturato annuale. Analizziamo insieme i dati.

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Vranken Pommery – risultati 2015

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Per capire bene i conti di Vranken Pommery il riferimento a cosa è successo allo Champagne nel 2015 è importante. Abbiamo pubblicato questo rapporto qualche giorno fa: il mercato francese è andato molto male, soprattutto nella parte finale dell’anno, quando ricorderete ci furono i terribili attentati a Parigi. Quindi, a fronte di un mercato che a valore ha raggiundo 4.8 miliardi di euro, +5%, sono le esportazioni a determinare praticamente tutta la crescita (+12%). Tornando a Vranken Pommery quindi possiamo ben immaginarci un anno difficile. Oltre al problema Champagne-Francia, VP ha anche provveduto a “deconsolidare” parte dell’attività dei vin de sable, che ha determinato un impatto negativo del 6% sul fatturato. Mettendo dentro tutto, il 2015 è da dimenticare: le vendite calano dell’8%, l’utile operativo dell’11%, il debito sale nella stessa misura del magazzino. Tutto questo richiede un cambio di strategia, che è stato appena annunciato: focalizzazione sui margini di profitto e riduzione del livello delle scorte, che sono particolarmente rilevanti (oltre 2 anni di vendite) per ridurre il livello del debito che ha ormai raggiunto la soglia record di 16 volte il margine operativo lordo. Passiamo ai numeri.

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Advini – risultati 2015

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Advini ha raggiunto nel 2015 metà strada del suo percorso verso il progetto 2020, che loro chiamano “E-toile 2020”. Diciamo che chi legge questo blog da qualche anno si ricorda dei famosi obiettivi dei 200 milioni entro il 2010 e 250 milioni entro il 2012, poi diventati 300 nel 2013. In realtà a quasi 250 milioni ci sono arrivati (240 per la precisione) ma soltanto nel 2015. Detto questo, Advini sta comunque crescendo e certamente porsi obiettivi sfidanti ma non irraggiungibili è sempre positivo, ti spinge al miglioramento. Nel 2015 il fatturato è cresciuto del 6% e l’utile operativo dell’11%. Non è un cattivo risultato considerando la forte esposizione alla Francia che si sta rivelando, dal punto di vista dei consumi, uno dei mercati più difficili da Novembre in poi (attentati). Chiedete alle società del lusso. Ebbene, Advini rilancia. Come potete vedere dalla slide della loro presentazione punta al 2020 a 500 milioni di vendite e al 10% di margine EBITDA, cioè 50 milioni. Considerando il valore di borsa, circa 120 milioni di euro, e il debito, altri 100, significherebbe “pagare” oggi con 220 miloni di valore di impresa un multiplo di 4.4 volte. Diciamo che per adesso gli investitori di borsa sono più propensi a considerare che, come in passato, l’obiettivo è sfidante e irraggiungibile…anche se gli investimenti sono notevoli. Passiamo ai numeri.

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