bilancio 2016


Vranken Pommery – risultati 2016

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I risultati di Vranken Pommery sono abbastanza sovrapponibili a quelli di Lanson: vendite stabili o quasi e deciso peggioramento dei margini di profitto, soprattutto nella seconda parte dell’anno, chiaramente determinata dal rallentamento nel Regno Unito. Il 2016 di Vranken ha qualche luce e ombra aggiuntiva: da un lato una ripresa fiscale positiva a “aggiustato” la situazione a livello di utile netto, dall’altro lato il rimbalzo del capitale circolante ha determinato una ulteriore crescita del debito, che ora supera quota 650 milioni di euro, ossia uno stratosferico e sinora sconosciuto rapporto di 19 volte il MOL. In questo contesto, l’azienda continua a distribuire con orgoglio un dividendo di 7 milioni (9 milioni nel 2015), che supera di gran lunga la generazione di cassa dell’attività. D’altronde, un’azienda che impiegherebbe 19 anni a ripagare il debito pur dedicandoci tutta la generazione di cassa non è certo con il taglio dei dividendi che risolve la situazione… passiamo ai numeri…

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Yantai Changyu Pioneer Wine – risultati 2016

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E’ ora di dare uno sguardo all’andamento di Yantai Changyu Pioneer Wine, l’azienda leader del settore vinicolo cinese (o almeno questo è quello che ci è dato di sapere). Per inquadrare il tema stiamo parlando di un’azienda da circa 640 milioni di euro di vendite, quasi 100 milioni di euro in cassa pronti per essere spesi e utile netto di oltre 130 milioni di euro, della quale è azionista con il 33% del 50% (quindi il 17%) la ILLVA di Saronno. La valorizzazione dell’azienda è di circa 19 miliardi di dollari di Hong Kong, che corrispondono malcontati a 2.2 miliardi di euro, a sua volta un multiplo di circa 17 volte gli utili storici e di circa 3.3 volte le vendite. Bene, inquadrato l’argomento passiamo ai numeri. Abbiamo sempre “buttato lì” il tema dei profitti eccezionali e forse insostenibili. Questo sta succedendo a quanto si può vedere. La strategia di internazionalizzazione dell’azienda, che cerca di comperare attività all’estero (aziende vinicole, per ora se ne vede una in Spagna nel perimetro e un negotiant di Bordeaux) per importarne i prodotti in Cina, sta un po’ abbassando i margini che restano comunque su livelli molto elevati. Nel 2016, con vendite in crescita dell’1.5% il margine operativo scende dal 29% al 27% e il ritorno sul capitale dal 18% al 16%. Di nuovo, un deterioramento da livelli di partenza eccezionalmente positivi. Passiamo a qualche numero di dettaglio (e al Remimbi…).

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Lanson BCC – risultati 2016

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I dati che analizziamo oggi sono la diretta conseguenza delle considerazioni che facevamo sulle vendite di Champagne e sull’impatto del calo del mercato inglese (in volume ma anche in valore visto l’andamento della sterlina) nel secondo semestre 2016. Proprio i cambi sono stati una delle maggiori determinanti del calo di vendite accusato da Lanson nel 2016 (-3%), anche se bisogna ammettere che i dati non sono buoni anche riaggiustati per questo fattore. Il mercato francese è in calo strutturale da anni, i margini sono sempre più bassi e il debito resta molto elevato (anche se quasi completamente coperto dal valore del magazzino). Ancora peggiori sono i numeri del secondo semestre, quando le vendite sono crollate del 7% e gli utili del 40% circa. Come da copione non c’è un’indicazione sul 2017 ma la solita generica considerazione che si lavora per il lungo termine, anche perché il breve termine è meglio non guardarlo. Passiamo ai numeri.

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Majestic Wine – risultati 2016/17

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Il 2016/17 di Majestic Wine ha visto proseguire l’azione di rilancio del nuovo management, fatta di una serie di iniziative quali l’aumento delle referenze immediatamente disponibili in negozio (82% contro il 66% dell’anno scorso), la riduzione del numero di ore di lavoro nei negozi, lo stop alla loro apertura, la promozione del cross-selling tra il canale fisico e internet. Come lo scorso anno, la crescita non manca, +16% a 465 milioni di sterline, guidata sia dal canale internet (+41%) ma anche da un ulteriore crescita delle vendite a parità di negozi nel canale fisico (+5.7%). Come lo scorso anno, i margini non stanno ancora migliorando, anzi calano, sia per lo sforzo commerciale messo in atto che per il cambiamento di mix delle vendite tra il canale fisico (che guadagna il 5% circa) e quello internet (1%). Gli obiettivi di raggiungere i 500 milioni nel 2018/19 sembrano molto a portata di mano, ma la conclusione è la medesima dell’anno scorso. Con quanti utili ci arriveranno? Vedremo. Per adesso l’azienda è riuscita a mettere il naso fuori dal Regno Unito (20%) e ad adottare un’ottica spiccatamente multicanale (oltre il 50% dei clienti). Due aspetti molto importanti. Il secondo semestre 2017 sembra essere in ulteriore accelerazione. Passiamo ai numeri.

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Zonin – risultati e analisi di bilancio 2016

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I dati 2016 di Zonin sono particolarmente interessanti da analizzare perché non è stato un anno normale, nonostante vada immediatamente sottolineato che i margini sono stati in ulteriore miglioramento. Il ritmo delle vendite ja calato visibilmente il passo (+5% a 193 milioni) rispetto a quelle che si immaginavano essere le potenzialità dell’anno (200 milioni), e questo è avvenuto a causa di una forte riduzione dell’attività in Italia (-29%), dove si potrebbe immaginare che il nome Zonin abbia avuto un qualche impatto negativo. [In un messaggio successivo alla pubblicazione, Zonin ha precisato che il calo delle vendite nel mercato italiano è del 7.7%, da 28.8 a 26.6 milioni di euro e non il 29% riportato nell’articolo, che deriva peraltro dal confronto dei dati delle vendite consolidate riferiti a “Italia” nella nota integrativa del bilancio 2015 di pagina 13 e del bilancio 2016 di 21, pari rispettivamente a 38.502 e 27.330 mila euro, e quindi ritenuti confrontabili nell’analisi effettuata. Nessuna precisazione o spiegazione e’ contenuta nella relazione degli amministratori]

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Oltre al calo delle vendite in Italia, c’è un secondo aspetto che merita attenzione. Nel 2016 l’azienda ha anche acquisito per euro 32 milioni partecipazioni nella forma di “Associazione in partecipazione” nelle tenute vinicole di proprietà della famiglia Zonin. Nulla cambia dal punto di vista operativo, sono però 32 milioni di euro che si spostano dalle tasche dell’azienda a quelle della famiglia. L’operazione viene finanziata attraverso la rinuncia a crediti commerciali da parte di “Zonin azienda” nei confronti delle tenute familiari. Naturalmente, nonostante nel bilancio si specifichi che “non ha comportato alcun esborso finanziario da parte della Società, ma unicamente l’apporto di crediti di natura commerciale maturati verso i rispettivi associanti”, l’azienda mostra a fine 2016 un indebitamento finanziario che cresce da 42 milioni a 61 milioni di euro, dovuto alla sostituzione dei mancati incassi dei crediti commerciali con indebitamento bancario.

Dopo questa lunga spiegazione, va menzionato che il 2017 è visto in modo decisamente più prudente dagli amministratori (“i risultati dei primi mesi del 2017 danno segnali di consolidamento dell’andamento delle vendite registrate”). Infine, due nuovi progetti: un accordo con un’azienda cilena che produrrà vini con il marchio Zonin venduti poi dalla rete di vendita dell’azienda e il progetto “wine-bar”. Passiamo all’analisi dei dati.

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