Come promesso nell’ultima assemblea degli azionisti, Andrew Peller ha messo a segno un sostanzioso miglioramento dei margini nel 2023 (anno concluso il 31 marzo 2024), grazie alla riduzione dei costi esterni e all’aumento dei prezzi per compensare una variazione negativa di dazi. Non è ancora abbastanza: nonostante l’utile operativo si sia ripreso (da 38 a 50 milioni di dollari) e il management (il signor John Peller, tra l’altro prossimo alla pensione) abbia dato un messaggio rassicurante, l’azione in borsa è stabile sui livelli minimi toccati l’anno scorso, che restituiscono una valorizzazione di borsa pari a circa 180 milioni di dollari, che corrisponde, sommando i 200 milioni circa di debito, a un rapporto con le vendite di 1 volta e a un rapporto con l’EBITDA di circa 5.3 volte. A guardare il grafico degli utili storici, in effetti di strada ce n’è ancora molta da fare per tornare ai 63 milioni di dollari toccati nel 2019 e 2020. Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e tabelle ne resto del post.
Dopo qualche anno di assenza, torno in queste vacanze pasquali sui dati di consumo di vino canadesi, che sono riportati da Statistics Canada in modo molto puntuale anche se “ritardato”. Parliamo oggi infatti dei dati a giugno 2022 (per i 12 mesi precedenti). Le prospettive sembrano cambiare negli ultimi anni: se il mercato continua a crescere di anno in anno in valore (8.2 miliardi di dollari canadesi, +2%, 5.6 miliardi di euro), l’andamento dei volumi segna il passo nel 2022 (-4%, 5.16 milioni di ettolitri), con un calo marcato dei vini rossi, ma in parte anche dei vini bianchi, a vantaggio dei vini spumanti (e con una piccola crescita dei vini rosati). Ora, questa tendenza va anche a svantaggio dei prodotti locali, che ovviamente sono poco esposti alla produzione di vini spumanti (solo il 12% dei consumi), rispetto a quella dei vini bianchi (39%) e rossi (26%). Infine, dopo un temporaneo incremento durante gli anni del Covid e quelli immediatamente precedenti, la quota del vino sulla spesa totale dei canadesi in bevande alcoliche (26 miliardi di dollari canadesi) torna a scendere al 31.3%. Bene, nel resto del post trovate tabelle dettagliate degli ultimi anni e un commento completo.
A valle dei dati americani commentiamo anche le importazioni di vino canadesi, che sono calate ancora di più nel 2023. Secondo i dati di UN Comtrade le importazioni sono state 2.7 miliardi di dollari canadesi, -9%, che tradotte in euro fanno 1.85 miliardi, meno 14%. Un dato parzialmente legato al calo dei volumi (-10% a 3.7 milioni di ettolitri), ma anche a mio avviso a un livello particolarmente elevato di importazioni nel 2021-22 che va normalizzandosi. Detto questo, il Canada resta un mercato che in ottica quinquennale (2018-23) ha un passo del 2% circa di crescita annua con un calo del 2-2.5% annuo dei volumi. Come in altri mercati “sviluppati”, la Francia è andata leggermente meglio dell’Italia, pur in un contesto che oramai conosciamo, ossia di un calo delle esportazioni francesi leggermente più accentuato di quelle italiane nel loro complesso. Stiamo parlando di piccole differenze, -10% per la Francia contro -12% per l’Italia e, come per gli USA, troviamo un calo più accentuato degli spumanti francesi (-16%) che per quelli tricolore (-16%). Nel ricordarvi che trovate tutti i dati in formato testuale nella sezione Solonumeri, approfondiamo nel resto del post con tabelle e grafici.
Non arrivano buone notizie dai dati di fine marzo 2023 di Andrew Peller, l’azienda vinicola canadese quotata che opera attraverso numerosi marchi, conosciuti soprattutto localmente (Peller Estates, Trius, Thirty Bench, Wayne Gretzky, Sandhill, Red Rooster, Black Hills Estate Winery, Tinhorn Creek Vineyards, Gray Monk Estate Winery, Raven Conspiracy, and Conviction). La combinazione di aumenti dei costi sia del vino sfuso che delle materie secche per via dell’inflazione, la scarsa esposizione ai mercati internazionali e l’incremento degli oneri finanziari portato dall’aumento dei tassi hanno determinato una ulteriore pressione sui conti, tanto da portare l’azienda in leggera perdita a fine anno. Il tutto considerano un sostanzioso contributo governativo (circa 10 milioni registrati, di cui 8 incassati) per lo smaltimento delle scorte. La generazione di cassa è stata inoltre negativa, con un debito salito da 191 a 208 milioni di dollari canadesi, dopo la distribuzione di 10 milioni di dividendo ma anche l’incasso di quasi 8 milioni di sussidi per il settore da parte del governo locale. Il grafico del prezzo di borsa è lo specchio della situazione: in costante discesa da mesi, tanto che oggi l’azienda capitalizza meno di 200 milioni di dollari canadesi, meno della metà di un anno fa. Passiamo a un breve commento dei dati.
Le vendite sono leggermente cresciute nell’esercizio chiuso a marzo 2023, +2.2% a 382 milioni di dollari. Il dato riflette un incremento (non dettagliato) delle vendite nei ristoranti e delle vendite dirette e un calo delle vendite della distribuzione e dei servizi di “vinificazione personale” che l’azienda offre. Inoltre, i rilevanti incrementi dei prezzi messi in atto hanno supportato il fatturato, quindi probabilmente implicando un calo dei volumi venduti.
I margini hanno tenuto a livello industriale (37% “gross margin” dopo il costo di produzione), ma ciò è grazie ai contributi ricevuti dal governo canadese. Altrimenti sarebbero calati ulteriormente intorno al 34-35%, ben lontano dal 43% registrato pre-pandemia. Il margine operativo è dunque calato poco sotto il 10% a 38 milioni e con oneri finanziari in crescita si arriva a un dato finale di una perdita di 3.4 milioni, che sarebbe stata molto peggio senza i contributi governativi.
Passando alla parte finanziaria, il debito finanziario sale a 208 milioni come dicevamo sopra, che corrisponde a un rapporto di 3.4 volte l’EBITDA, rispetto a 3.2 dello scorso anno. Di nuovo, se togliamo i contributi governativi saliamo leggermente sopra 4x.
Le attese per il futuro sono vaghe, anche se qualche raggio di sole sempre spuntare tra le nuvole. Così il commento del management “La nostra catena di approvvigionamento si è normalizzata e sebbene stiamo ancora subendo l’impatto dell’inflazione, i nostri costi dei componenti hanno iniziato a diminuire e ci aspettiamo che questa tendenza continui. Guardando al futuro, prevediamo un ritorno a livelli di redditività più normali nei prossimi anni in quanto le nostre strategie volte a incrementare le vendite di prodotti a margine più elevato, introdurre nuovi prodotti ed estendere le linee di prodotti esistenti, sfruttare la forza della nostra membership nazionale al wine club e concentrarci su iniziative di riduzione dei costi e miglioramento della redditività hanno effetto” [traduzione ChatGPT].
Il Canada è uno dei mercati in cui nel 2022 il vino è andato meglio, in termini relativi rispetto alle altre nazioni produttrici di vino. I dati estratti da UN Comtrade (che ha cominciato a chiedere il login, speriamo che non sia un primo passo per chiedere soldi…) indicano una accelerazione delle importaizoni di vino a +13% nel 2022 in euro per un valore di 2.16 miliardi di euro, che tradotti in valuta locale diventano 2.95 miliardi di dollari canadesi e una crescita del 5%. Si tratta di una accelerazione essenzialmente legata alla rivalutazione del dollaro, visto che i dati in dollari canadesi sono molto più coerenti con un trend di crescita del 5% annuo circa. Dicevamo dell’Italia, che in effetti mostra una crescita del 17% in euro a 473 milioni di euro e si riavvicina alla Francia, che resta il leader indiscusso con oltre 500 milioni di euro. Da notare, mentre scorrete i dati, il forte progresso del vino neozelandese. Passiamo ai numeri, presenti in forma completa e scaricabile nella sezione Solonumeri.
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