Le esportazioni di vino di Marzo hanno confermato il recupero dei mesi precedenti, con un +11% sul mese, che porta il primo trimestre 2010 a chiudere a +11% e a riportare il dato dei 12 mesi in pari con quelli precedenti. A trainare le esportazioni di questi mesi sono due fattori, in parte concatenati: (1) il forte recupero dell’export nell’area Nafta (USA e Canada); (2) l’andamento eccellente dei vini imbottigliati. Dall’altro lato, i vini sfusi sono stabili con tendenza al ribasso (-4% nel mese e -5% nel trimestre), mentre i vini spumanti sono lo specchio degli sfusi: stabili con tendenza al rialzo (+5% nel mese +9% nel trimestre). Un fattore comune ai vini sfusi e ai vini spumanti e’ che il prezzo-mix continua a peggiorare, segno che esportiamo prodotti di minore qualita’, ma anche che non stiamo per nulla approfittando del miglioramento dello scenario dei cambi: con l’euro debole simao in grado di vendere un prodotto allo stesso prezzo in valuta locale e guadagnare di piu’ in Euro. Una ultima considerazione: questi dati si confrontano con quelli del 2009 che di questi tempi era il mese della fine del mondo…
Il numero fa abbastanza impressione: e’ la prima volta che le esportazioni di vino superano i 20 milioni di ettolitri su base annua. Il progresso dei volumi e’ del 13% su base annua, del 14% nel primo trimestre (4.5m/hl) e dell’11% nel mese di marzo contro lo stesso mese dell’anno scorso.

Il prezzo-mix e’ l’unico dato stonato di questa serie di numeri. A marzo abbiamo esportato spumante a 2.6 euro al litro, cioe’ il 23% in meno dello scorso anno. Giusto per fare un confronto, le importazioni di spumant in Italia sono a 15.5 euro al litro, cioe’ 16 euro per la Francia (Champagne) e 2.8 euro dalla Spagna (Cava e via dicendo). Lo stesso vale per i vini sfusi il prezzo mix scende del 6% a 0.52 euro al litro in marzo. Leggendo i volumi da record di sopra alla luce di questi dati, ci sono chiaramente meno motivi per rallegrarsi: i volumi DEVONO crescere. In piu’, come vedete dal grafico di medio termine, il tema del deterioramento del prezzo mix di spumanti e sfusi va avanti dal 2008 per i primi e dal 2009 per i secondi

Se scorrete le tabelle e i grafici che vi presento relativamente ai dati per geografia trovate i seguenti spunti: di sicuro un forte recupero dei paesi anglosassoni, ma non ancora del Regno Unito. Per ora sono gli Stati Uniti e il Canada che guidano la ripresa dei nostri vini. Questo trend, come potete vedere e’ partito verso novembre-dicembre, non a caso quando l’indebolimento dell’euro (stava a 1.50 contro il dollaro) e’ partito. Nell’area Nafta abbiamo recuperato gia’ circa 100mila ettolitri e, soprattutto, ci siamo tenuti anche un pezzettino della rivalutazione del dollaro. Dall’altra parte, noterei che la Germania, che ha sostenuto le esportazioni nel 2009, comincia a segnare il passo, dopo aver ritoccato il record storico di 6.5 milioni di hl di vino italiano importato.


Mi sorge un dubbio. Lei ha correlato la diminuizione di prezzo unitario ad una diminuzione della qualità, quindi tradotto vendiamo di più ma con qualità inferiore e non sfruttiamo a dovere la svalutazione dell’euro; ma secondo me la diminuizione del mix price non è giustificata da una qualità inferiore bensì dalla necessità di svuotare le cantine. Questa mia riflessione sorge da alcune realtà locali (Fvg) che si trovano davanti alla problematica di smaltire una produzione elevata rapportata all’assorbimento del mercato e ceh quindi, in prospettiva dell’imminente vendemmia, si trovano nella condizione del dover “svendere” il prodotto per agevolare la produzione futura. Cosa ne pensa?
Grazie del commento.
Purtroppo e’ impossibile separare quello che e’ una riduzione di prezzo, cioe’ vendere la stessa cosa dell’anno scorso a un prezzo inferiore, dal cambiamento di mix, cioe’ vendere una cosa diversa da quella dell’anno scorso, avendo la prima un prezzo inferiore.
Il dollaro forte ha un impatto positivo sul prezzo perche’ un vino da 10 dollari in USA si traduce in Euro a un cambio piu’ favorevole per noi.
Detto questo, sono d’accordo con lei: l’abnorme incremento dei volumi delle esportazioni italiane ha sicuramente a che fare con la necessita’ di svuotare le cantine per far posto al prodotto nuovo: si tratta di una riduzione di prezzo oppure di un peggioramento di mix? Difficile da dire. Probabilmente si vende un Barolo al prezzo del Nebbiolo, e questo lei come lo definisce? Un calo di prezzo o un peggioramento del mix?
Marco
Sicuramente lo reputo un peggioramento del mix, tuttavia leva fondamentale è quella della distribuzione. Il ricarico risulta troppo elevato ( come ad esempio emerge dall’analisi che lei ha riportato sul mercato USA)da far si che una diminuizione di prezzo all’origine stimoli proporzionalmente la domanda. Es. se diminuisco del 30% il prezzo all’origine, il cliente finale, salvo qualche sconto lungo la filiera distributiva, percepirà una diminuizione di molto inferiore al prezzo di partenza, che difficilmente stimolerà in modo considerevole la domanda.
Penso quindi che leva economica fondamentale sia quella dell’avere sbocchi commerciali più autonomi dagli odierni. In questo modo si avrebbe maggior potere sulla determinazione del price-mix ed un ulteriore miglioramento dei margini unitari.
La sua soluzione sarebbe naturalmente molto appetibile. Purtroppo credo che “avere sbocchi commerciali più autonomi dagli odierni” sia essenzialmente impossibile salvo essere un piccolo produttore che fa leva sulla vendita diretta. Per un’azienda, l’accesso a un mercato come puo’ essere gli USA non possono che avvenire attraverso i canali codificati. Diciamo che e’ difficile che la montagna vada da Maometto…
bacca