Fonte: ISMEA
Nei primi mesi del 2011 la forbice costi-prezzi ha continuato a chiudersi e, essendo una forbice (!), i margini dell’industria del vino sono calati in modo molto significativo. Chi vince? Beh, a guardare questi grafici (1) chi non deve comperare le uve ed e’ perfettamente integrato riesce presumibilmente a sopportare il calo continuo dei prezzi di vendita al dettaglio nel mercato nazionale; (2) chi esporta molto riesce probabilmente a beneficiare di una crescita cosi’ significativa da consentire di compensare i maggiori costi produttivi con un volume di attivita’ superiore. Il quadro generale vede per la prima volta calare l’indice di fiducia del settore vinicolo da 16.8 a 9.0.
Dunque, che cosa dicono gli indicatori ISMEA, che abbiamo un po’ adattato alle serie storiche, visto il vizio di continuare a cambiare il metodo per ribasare. Dicono che i costi di produzione del vino stanno salendo, per il combinarsi di due cose: (1) i costi dei mezzi di produzione, che restano molto elevati, con un numero indice di 133, che ormai e’ invariato sin da inizio 2010; (2) la ripresa molto rapida dei costi di acquisto dei vini/uve, particolarmente quelle dei vini da tavola e IGT. Questi vini “rivedono la luce”, cioe’ hanno un prezzo indice di 102 circa con un valore di 100 a inizio 2000 e un valore minimo che aveva toccato 80 nel secondo semestre 2009. Cio’ significa che i prezzi sono saliti del 30% circa rispetto al minimo. Piu’ lentamente, ma comunque si muovono anche i prezzi all’origine dei vini di qualita’, che hanno un indice di 95 circa, quindi ancora sotto il fatidico 100, e che vengono da un valore minimo di circa 89-90.

Quindi i vini di bassa-media qualita’ stanno crescendo di prezzo e questo si combina con un calo dei prezzi di vendita in Italia: il calo sequenziale (cioe’ Q4-10 contro Q1-11) e’ di circa il 5%, e del 3% circa rispetto al primo trimestre 2010.

Ne consegue un quadro di forte compressione dei margini che ormai continua da 3-4 trimestri. Il margine della filiera secondo ISMEA (che ha anche rettificato i dati del secondo semestre…) scende a un valore di 113, ormai lontanissimo dal picco di 145 di fine 2009 e vicino ai minimi di fine 2007. Se consideriamo che il margine del quarto trimestre 2010 era a un indice di 130 e quello dell’anno scorso stesso periodo a 141, possiamo ben comprendere il calo di fiducia rilevato dall’indagine ISMEA.
mi trovo abbastanza sorpreso nel leggere che “chi non deve comperare le uve ed e’ perfettamente integrato riesce presumibilmente a sopportare il calo continuo dei prezzi di vendita al dettaglio nel mercato nazionale;”. Ho sempre pensato che i costi di produzione delle uve sono in genere molto superiori a quelli di acquisto, per varie ragioni, e possono essere giustificati solo dal fatto che normalmente si riesce a fare maggiore qualita’ a casa propria che non invece acquistando, quanto meno a controllare meglio la qualita’ (ovviamente a volte non e’ cosi).
Di base, ho sempre creduto che chi riesce a fare i soldi con il vino sono quelli che non hanno vigheti, o che ne hanno in proporzione minima rispetto alla loro produzione in bottiglie.
Ciao Gianpaolo,
quello che intendo dire e’ che in una fase in cui i costi delle materie prime salgono (prezzo delle uve o del vino all’origine) e i prezzi di vendita scendono (vedi post di due giorni fa), chi non deve comperare le uve ma le produce in proprio e’ proporzionalmente meno danneggiato di chi invece fa il mero trasformatore senza detenere vigneti.
Che poi negli ultimi 10 anni chi possiede il vigneto ha fatto meno soldi di chi comperava le uve e’ evidente, salvo eccezioni eccellenti. E probabilmente continuera’ a essere cosi’ anche in futuro.
Di certo, se la quantita’ di materia prima sul mercato diminuisce (estirpazione dei vigneti e via dicendo) e il suo prezzo continua a salire, ci sara’ un momento in cui l’agricoltore proprietario del vigneto totalmente integrato forse non sara’ piu’ messo male come e’ stato negli ultimi anni.
Vedremo!
bacca