Le vendite di Champagne nel 2010 sono risalite a 320 milioni di bottiglie, praticamente lo stesso livello del 2008. Si puo’ quindi dire che la crisi del 2009 e’ stata riassorbita, anche se il calo delle spedizioni era cominciato nel 2008 e quindi il record storico di 339 milioni di bottiglie del 2007 richiede un altro anno. Non tutti i mercati e non tutte le categorie di produttori viaggiano pero’ alla medesima velocita’: (1) la Francia si conferma uno zoccolo duro per lo Champagne. Crisi o non crisi i francesi continuano a bere Champagne, dato che durante la crisi le bottiglie vendute in madrepatria sono scese soltanto del 3%; (2) le esportazioni sono quelle che fanno quindi la differenza e la “volatilita’” del mercato. Come vedremo sono i mercati anglosassoni che tirano nel 2010, anche se in realta’ restano sotto i livelli del passato. L’unico tra i grandi mercati al suo massimo storico e’ la Germania; (3) tra le categorie di produttori, la maggiore propensione all’esportazione aiuta le maison, che esportano oltre la meta’ delle loro bottigilie, mentre i vigneron sono quelli che dalla crisi non hanno subito molto ma non hanno proprio recuperato nulla. Una categoria in declino? Si vedra’, di certo il segnale non e’ positivo.
Dicevamo 320 milioni di bottiglie, cioe’ un incremento del 9%, di cui +2% in Francia a 184 milioni e +20% all’export per 135 milioni di bottiglie. Il peso dell’export che aveva raggiunto un massimo storico del 45% nel 2007 ed era risceso al 38% nel 2009 si e’ ristabilito al 42% nel 2010.
Il differente andamento delle vendite delle maison, delle cooperative e dei vigneron indipendenti e’ piuttosto interessante. Partiamo col dire che nel 2010 le maison hanno raggiunto il 69% del totale delle vendite, un livello mai raggiunto. Quindi, a quanto sembra il mercato dello Champagne si sta “industrializzando” (e in un altro post vedremo come si muovono i produttori). Naturalmente cio’ e’ dovuto alla propensione all’export.
Tralasciamo le cooperative che sono soltanto l’1% delle vendite. I vigneron esportano soltanto l’8% del loro prodotto, le maison ben in 53%. Questo “guida”, oltre al naturale consolidamento del settore (a proposito come mai non e’ naturale in Italia?), a un aumento del peso delle maison nei periodi buoni. I numeri parlano chiaro: i vigneron hanno perso sia nel 2009 che nel 2010, benche’ colpiti dalla crisi con qualche mese di ritardo (non vendono molto in USA…) e sono passati da 78 a 72 milioni di bottiglie con un -5% e -3%. Le maison hanno fatto naturamente peggio nel 2009 (da 214 a 194 milioni di bottiglie, -10%), ma hanno recuperato tutto nel 2010 (219 milioni, +14%).
Infine guardiamo alle nazioni importatrici. Il primo mercato resta UK con 35.5 milioni di bottiglie, cioe’ l’11% di tutte le vendite e il 26% delle esportazioni. Nel 2010 e’ cresciuto del 16% e si e’ riavvicinato al record di 39 milioni di bottiglie. Il secondo mercato restano gli USA ma con la meta’ delle bottiglie, poi i tedeschi, con il record storico che abbiamo detto di 13 milioni di bottiglie, i vicini di casa del belgio, i giapponesi che ci bagnano il naso e poi l’Italia con 7.2 milioni di bottiglie e un magro +6%, il piu’ basso di tutti, anche del Belgio. Adesso possiamo dire che “siamo conciati come il Belgio” (modo di dire nato dopo la prima guerra mondiale).