
I numeri 2011 di Caviro, ma anche le prospettive, si prestano a diverse chiavi di lettura. Da un lato, la relazione degli amministratori è molto prudente, dall’altro l’evoluzione prevedibile della gestione mette in luce un incremento delle vendite a volume del 10%. Di certo, in un anno in cui i prezzi all’origine del vino sono cresciuti del 30% e più sarà probabilmente difficile per la cooperativa soddisfare le pretese dei conferitori, anche considerando che già nel 2011 sono stati liquidati a un prezzo del 25% superiore al 2010. Il tutto è condito da una forte esposizione all’Italia, che ha molto impattato le vendite di vino (per il 65% in Italia): per “starci dentro” Caviro ha dovuto rivedere in modo sostanziale i suoi programmi di marketing, riducendo le spese promozionali e pubblicitarie. Infine, va segnalata la riduzione del debito a fronte del parziale conferimento a Herambiente della centrale terminca. Sono invece migliorati i risultati del segmento distilleria, dove l’azienda ha riassorbito l’impatto dell’OCM e si è focalizzata sull’industria alimentare e farmaceutica, mentre all’interno di tale divisione resta un’area di criticità il segmento mosti. Vediamo qualche numero in più.


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- Le vendite 2011 sono state stabili a 247 milioni ma sono composte da un calo del 4% delle vendite in Italia (ormai non si vede un segno positivo dal 2006 a questa parte) e da un incremento del 26% in Europa e del 9% nel resto del mondo. Le vendite di vino sono state 160 milioni.
- La struttura dei costi sta cambiando, per necessità. Il costo del packaging continua a crescere, ora è il 16% delle vendite, rispetto al 12-13% di qualche anno fa. I costi per i servizi e i costi del personale sono perfettamente sotto controllo. Alla fine dei conti, per restare competitivi con il mercato e poter remunerare i soci in modo significativo, sono state ridotte le spese di marketing. Va peraltro rilevato che degli 8 milioni di calo, oltre 6 milioni sono relative a una riclassificazione di bilancio (cioè a fronte di minori costi per 6 milioni ci sono minori ricavi per il medesimo ammontare), mentre i rimanenti due sono effettivamente un calo degli investimenti pubblicitari.
- La remunerazione dei soci nel 2011 è stata di 27 euro per quintale, la più alta da quando guardiamo questi dati. Nonostante questo, i conferimenti sono scesi del 6% in valore assoluto a 2 milioni di quintali. Di conseguenza, con un fabbisogno in volume in crescita del 2% circa, CAVIRO ha dovuto approvvigionarsi sul mercato per 443mila quintali, a un prezzo quasi doppio di quello pagato ai conferitori. La quota di conferimenti esterni raggiunge il 17%. Anche qui va data una spiegazione ulteriore: soprattutto sul mercato estero, CAVIRO necessita una gamma di prodotti completa che non può offrire con i suoi conferitori. È quindi costretta ad acquistare uva e vini DOC sul mercato per integrare la sua gamma di prodotto.
- La struttura finanziaria beneficia come dicevamo dell’operazione sulla centrale termica con la locale Hera, operazione in cui Hera è entrata con una quota del 50% nella centrale e in altre attività non direttamente correlate al mondo vino. Sono stati “deconsolidati” 26 milioni di euro di investimenti. Questo spiega la variazione della struttura finanziaria: il debito netto scende di 14 milioni, i prestiti dei soci sono calati di 4 milioni, e sono tornati sul livello del 2009. Va peraltro detto che CAVIRO è riuscita a finanziare l’investimento totale nella centrale (oltre 50 milioni) con la sua generazione di cassa, senza far crescere il debito in modo significativo.
- Infine, ritorniamo sulle prospettive. Così recita la relazione degli amministratori sulla divisione vino: “L’incremento del prezzo dei vini sfusi, che ha raggiunto punte di oltre il 30%, condizionerà la strategia 2012 dell’azienda. Tutti gli aumenti di listino sono stati accettati dai nostri clienti e l’ottimo avvio dell’anno con una crescita dei volumi di oltre il 10% lascia ben sperare nella forza dei marchi distribuiti in Italia ed all’estero.” Più difficile sembra, di converso la prospettiva della divisione distilleria, dove le previsioni sembrano essere particolarmente prudenti, non tanto nella parte relativa all’alcol, ma quanto in quella relativa ai mosti.

