Campari ha riportato un primo semestre con margini ancora in calo nel segmento dei vini e una crescita organica negativa del 3% rispetto al +3% del resto del gruppo. La strategia di far crescere il portafoglio in distribuzione continua, con un impatto del 2% circa sul volume di fatturato della divisione (e dell’8% se restringiamo il confronto ai vini fermi). I punti deboli continuano a essere l’Italia e i vini fermi, mentre lo spumante Cinzano continua a crescere imperterrito. Vediamo i numeri più da vicino.
Le vendite sono rimaste stabili a 69 milioni nel semestre, anche se le vendite in termini organici (cioè prima dei cambi e delle variazioni di perimetro) sono in calo del 3% (comunque meglio del -8% del primo trimestre). Ad aiutare sono stati i cambi (+1%) e soprattutto i nuovi accordi di distribuzione, che hanno portato a un beneficio del 2% sulle vendite della divisione e dell’8% circa se isoliamo l’impatto sulle vendite di vini fermi, che nel semestre sono calate del 10-11% circa.
Più in dettaglio, le vendite di Cinzano hanno segnato il passo nel secondo trimestre nel segmento spumanti, calando da +3% a +1%, mentre il “reset” della distribuzione in Russia ha portato a un miglioramento del risultato nei vermouth (-4%). Come dicevamo i vini fermi sono in calo drastico, con il marchio Sella & Mosca che scende del 9% sul semestre.
Da un punto di vista geografico, l’Italia è il principale problema del gruppo, con vendite in calo del 7%. Il fatturato è però calato anche in America (del 4%) per quanto il numero si confronta con un 2010 in cui le vendite erano esplose, mentre le vendite in Europa crescono soltanto del 2%, con l’unica area geografica in progressione “resto del mondo” (cioè per Campari tipicamente Australia, forse Giappone e duty free).
Il semestre è anche il periodo in cui Campari fornisce i dati sui margini. I margini sono in discesa, almeno quelli industriali. Nel primo semestre il primo margine è passato da 25 milioni a 23 milioni, dal 36% al 33% del fatturato. Campari attribuisce il deterioramento a due fattori: (1) l’aumento dell’incidenza dei vini spumanti, che hanno margini minori e (2) il calo più pronunciato dei vini di alta gamma, che hanno margini più elevati. Come ormai succede da qualche anno, quello che si perde sulla parte industriale si recupera nel marketing, con un ulteriore decremento delle spese pubblicitarie, questa volta non in grado di sopperire al calo sulla parte industriale. La trasformazione del gruppo da questo punto di vista appare piuttosto eclatante: nel primo semestre 2008 si spendeva oltre il 16% del fatturato in marketing, oggi se ne spende poco meno del 9%. E così, si arriva a un utile operativo prima delle spese generali di 16.8 milioni, cioè soltanto il 3% in meno rispetto allo scorso anno.