Il forte incremento dei prezzi all’origine del vino, combinata con una minore disponibilità di prodotto presso i soci ha avuto un impatto perverso sul bilancio Caviro del 2012. Da un lato, infatti, le vendite sono cresciute del 15%, dall’altro i margini sono stati sotto pressione. La cooperativa ha comunque fatto dei passi avanti nella strategia di diversificazione geografica, con un export in crescita del 25% a livello consolidato e di oltre il 30% per il vino in particolare, ma anche di prodotto, con l’acquisizione di Dallevigne (80% del capitale), che porterà il suo contributo principalmente nel corso del 2013 (soltanto 2 dei 16 milioni di vendite sono rientrati nel bilancio 2012). Proprio questa acquisizione è il concetto chiave di quest’anno: se fino a oggi Caviro ha pesantemente investito nella distillazione e nella generazione di energia per cercare di sfruttare il prodotto dei soci in tutte le sue possibili declinazioni, con questa operazione si cambia marcia e si entra nel mondo dei vini premium, dato che Dallevigne opera nelle denominazioni del Chianti e del Brunello di Montalcino. Si può quindi immaginare che con i progressi fatti all’estero e pur considerando lo scenario molto difficile del mercato domestico, Caviro possa nel 2013 avvicinarsi alla soglia dei 300 milioni di fatturato, che mai sono stati toccati. Passiamo a commentare i dati del 2012.
- Il fatturato balza del 15% a 284 milioni, con un incremento del 12% in Italia, del 13% in Europa e del 72% al di fuori dell’Europa. Per prodotto, il vino sale da 247 a 284 milioni di euro, quindi +15%, con una combinazione di un +13% in Italia e un +32% all’estero.
- In termini di esposizione, Caviro resta il leader (quota 8%) ma sta riducendo l’esposizione alla GDO, ora al 61% del fatturato (contro il 65% dello scorso anno), mantenendo Horeca e private labels al 10% ciascuno del fatturato. Invece, i principali mercati esteri sono il Regno Unito, con il 41% delle esportazioni, seguite dalla Germania con il 23% e la Russia con il 7%.
- Dato che i volumi processati dalla cooperativa restano molto stabili nell’intorno di 2.5 milioni di quintali di prodotto, la ragione delle maggiori vendite dovrebbe gioco forza trattarsi di un incremento completamente guidato dal riversamento del costo delle materie prime sui prezzi di vendita.
- Come vedete dalla tabella, il costo del prodotto passa dal 46% al 52% del fatturato. La parte “buona”, cioè la remunerazione dei soci, cresce da 55 a 67 milioni di euro, +21%, nonostante il calo del 10% dei volumi contribuiti, che ha costretto la cooperativa ad approvvigionarsi all’esterno, a costi nettamente più elevati , circa 55 euro al quintale contro i 36 euro che ha pagato ai soci (anche a causa del fatto che tali acquisti riguardano principalmente prodotti per il mercato estero DOC, quindi inclusi costi di imbottigliamento). La quota dei volumi esterni cresce al 26% del totale, il valore più alto degli ultimi 5 anni.
- Quando questo capita, chiaramente i margini vanno sotto pressione. Nel 2012, però, la cooperativa non ha ridotto gli sforzi promozionali che sono rimasti poco sotto il 10% del fatturato (crescendo quindi sostanzialmente in linea con le vendite).
- La struttura finanziaria resta abbastanza bilanciata. La combinazione dell’acquisizione di Dallevigne e la ripresa del ciclo di investimenti (22 milioni di euro in tutto) sono state parzialmente compensate da un calo di 1 milione del capitale circolante operativo (più magazzino ma pagamenti più rapidi della GDO post articolo 62 e maggiori dilazioni dai fornitori soci) e 9 milioni di generazione di cassa abbiano determinato un incremento del debito da 60 a 72 milioni di euro.