L’obiettivo di 300 milioni di fatturato per il 2015 è scomparso nell’ultima presentazione di Advini, relativa al bilancio 2013. E’ stato sostituito da un nuovo progetto, di aumentare il fatturato B2C (business to consumer) e di incrementare le vendite dei marchi chiave. Già perchè con i ritmi attuali sarà difficile raggiungere i 250 milioni nel giro di due anni: le vendite crescono del 2%, nel primo trimestre sono scese. Dov’è il problema di Advini? Sono le vendite fuori dalla Francia, che nel 2013 sono scese del 6%, perdendo il ritmo che avevano preso negli ultimi anni. Advini resta un’azienda principalmente legata alla Francia che non è certamente l’economia più propizia nei prossimi anni. La sfida internazionale non è ancora vinta, soprattutto alla luce della sovra esposizione al mercato cinese. Le acquisizioni vanno avanti, non solo sul lato produzione (Sud Africa e Languedoc) ma anche su quello distributivo (Club Francais du vin). Guardiamo i numeri insieme.
- Le vendite sono a 222 milioni, +2%, con un progresso del 7% in Francia a 138 milioni e un calo del 6% a 85 milioni all’estero. In Francia Advini ha una storica presenza nella grande distribuzione, che rappresenta il 47% di tutte le vendite del gruppo, e che crescono del 10% nel 2013 (contro il +4% del mercato del vino nella GDO francese). Le altre vendite in Francia crescono del 3%. Dove sono i problemi all’estero? In Cina, dove il fatturato è crollato del 43%, non compensato dal progresso nel Regno Unito, in Canada (+11%), Svizzera (+30%) e Russia (+16%).
- La spinta dei marchi propri rispetto alle private label consente un leggero miglioramento dei margini. Il margine industriale sale dal 33% al 34%, il MOL passa da 13.3 a 14 milioni di euro, per una percentuale sul fatturato del 6.3% (era il 6.1% lo scorso anno).
- Non si muove invece l’utile operativo, a causa dell’incremento degli investimenti che hanno portato a maggiori ammortamenti. Con un utile operativo di circa 6 milioni sono i minori oneri finanziari a portare al miglioramento dell’utile netto da 2 milioni a 3.3 milioni.
- Il debito netto scende da 94 a 87 milioni di euro, sempre piuttosto elevato rispetto alla generazione di utile ma non rispetto alla dimensione dell’attività (1700 ettari!). Il rapporto debito MOL è di 6.2 volte, mentre in rapporto con il patrimonio netto è del 138%, il livello più basso degli ultimi anni.
- Il capitale investito di 150 milioni di euro determina un ritorno sul capitale soltanto del 4%. Parimenti, il ritorno per l’azionista è solo del 5%. Considerando la leva rilevante ci vorrebbe qualcosa di più per giustificare l’investimento degli azionisti.