Grazie a un buon samaritano di piazza Gae Aulenti di Milano, commentiamo oggi i dati di Ferrari, primaria casa spumantistica italiana. A dire il vero, dal prossimo anno sarebbe meglio commentare quelli di “Lunelli SpA”, perchè una serie di operazioni hanno tolto a Ferrari una serie di controllate nei vini fermi e la recente acquisizione di Bisol (50%) è avvenuta al piano di sopra, proprio nella controllante, che tra l’altre redige bilancio consolidato (come invece non fa Ferrari). Detto questo, passiamo all’oggetto di analisi. Ferrari resta un’azienda molto profittevole, anche se non come qualche anno fa, e continua a generare moltissima cassa (oltre 7 milioni di euro anche nel 2014). Tanto che, nel 2014, gli azionisti hanno deciso di pagarsi un dividendo straordinario di ben 27 milioni, che ha riportato la posizione finanziaria netta in negativo per 10 milioni (contro 10 milioni di cassa del 2013). L’anno 2014 è andato discretamente bene (+6% vendite), considerando il contesto molto depresso del mercato italiano, al quale l’azienda resta fortemente esposta.
Resta il leader del metodo classico italiano, anche se dal confronto con Berlucchi e Ca del Bosco (ultimo grafico) emerge chiaramente come l’azienda gestita da Santa Margherita abbia nel corso degli ultimi anni “scavato” un fosso, sia in termini di crescita delle vendite (pur rimanendo più piccolina) che in termini di profittabilità.
Ma concentriamoci su Ferrari e andiamo ad analizzare i numeri.
- Le vendite sono risalite a 50 milioni nel 2014, con il contributo del mercato italiano, in crescita dell’8%, cui si contrappone un andamento leggermente negativo nelle vendite all’estero. Il fatturato 2014 è comunque ancora del 10% circa sotto il livello del 2011
- Nel corso degli ultimi anni Ferrari ha perso “gross margin”, cioè margine industriale. Il costo di acquisto delle materie prime è salito di circa 2 punti dal 2011 al 2014, dal 30% al 32% circa. I costi del personale sono invece sempre cresciuti negli anni, passando dunque dal 10/11% delle vendite al livello attuale del 13% circa. La combinazione di questi elementi e la crescita degli altri costi ha così comportato una forte compressione dei margini, per quanto da livelli eccezionalmente elevati (37% margine MOL nel 2011) e restando comunque su livelli di tutto rispetto (26.5% nel 2014).
- La combinazione di fatturato in recupero e margini in calo ha comunque consentito a Ferrari di stabilizzare il MOL a quota 13 milioni di euro (rispetto al picco, crediamo, di 21 milioni del 2011).
- Sotto, l’azienda ha continuato a svalutare il marchio per 5.7 milioni di euro (ultima “rata”), comprimendo dunque sia l’utile operativo (6 milioni, ma 11 milioni prima di questo ammortamento fittizio) e l’utile netto (4 milioni di euro).
- Dal punto di vista finanziario sono successe diverse cose. Per prima cosa l’azienda ha scorporato le attività nel vino fermo (senza impatti finanziari degni di nota, a leggere il rendiconto), poi gli azionisti si sono pagati 27 milioni di dividendi (rispetto al solito, cioè 3-4 milioni). Ciò determina il crollo del patrimonio netto, da 104 a 77 milioni di euro, e il “giro” da una cassa netta di 10 milioni di euro a un debito netto di altrettanti. Quindi, 20 milioni di differenza, con 27 milioni pagati agli azionisti significano una generazione di cassa per l’anno di 7 milioni.
- Infine, trovate i grafici sul confronto con Ca del Bosco e Berlucchi. Va detto che Ca del Bosco è più piccola, ha il supporto di una casa madre fortemente esposta all’estero. Chiaramente, la controllata di Santa Margherita sembra aver fatto meglio. Ferrari in questo contesto si pone in una via di mezzo tra Berlucchi, presumibilmente più esposta alla grande distribuzione e ai prodotti di fascia media e Ca’ del Bosco, che mantiene invece un posizionamento più elevato.