
Il primo semestre 2017 di TWE ha ricalcato grossomodo quanto avevamo visto sulla seconda parte dell’anno fiscale precedente, e cioè un forte apporto derivante dal consolidamento della divisione vini di Diageo. Le azioni, però, questo giro non sono salite ulteriormente, anzi: i commenti circa la stabilità degli utili nella seconda parte dell’anno ha raffreddato gli animi degli investitori appena dato l’annuncio. Al di là di della reazione della Borsa (che spesso “compra” le aspettative per poi “vendere” sulla notizia), le cose per TWE vanno molto bene: le vendite crescono del 20% circa e l’utile operativo quasi del 60%, nonostante il leggero rafforzamento del dollaro australiano abbia avuto un impatto negativo del 4% e 10% rispettivamente. L’azienda ha una struttura finanziaria molto solida con un debito su MOL di solamente 1.5 volte ed è certamente aperta a una nuova fase di crescita. Il business va particolarmente bene in Asia, ma anche in Europa e USA, dove l’impatto di Diageo Wine si fa più sentire. Con una capitalizzazione di quasi 9 miliardi di dollari australiani, più che triplicata in 5 anni, la transizione “from an agricultural, order-taking company to a brand-led, high performance organisation” sta decisamente dando degli ottimi risultati. Passiamo ai numeri.

- Le vendite del primo semestre fiscale crescono del 20% a 1.3 miliardi di dollari, con una forte spinta in Asia, +39%, ma anche l’impatto dell’acquisizione Diageo in Europa (+22%) e America (+26%). Il mercato locale resta invece fermo e rappresenta ormai soltanto il 25% delle vendite.
- I volumi sono in crescita del 18% a 18.8 milioni di casse, il che lascia il prezzo mix al 2% circa (positivo). Siccome i cambi sono stati negativi per il 4% ne deriva un impatto prezzo-mix ex cambi del 6% circa. In termini di anno mobile, dopo aver “annualizzato” l’acquisizione di Diageo wines, TWE sta viaggiando su un ritmo di circa 36-37 milioni di casse da 9 litri.
- Gli utili sono ancora più impattati dalle sinergie dell’acquisizione, con un balzo dell’utile operativo del 48% a 246 milioni di dollari australiani, che implica un margine consolidato del 19% prima dei costi corporate. Si tratta di un progresso eccezionale, considato che solo due anni fa la profittabilità languiva sotto il 10%. A spingere i margini è soprattutto la divisione asiatica, con un livello di utile operativo sulle vendite del 36%, mentre le altre regioni sono tra il 12% e il 16%.
- La parte finanziaria procede di pari passo con gli utili. Il debito netto scende da 365 milioni di dollari australiani a 296 a fine dicembre, il che determina un rapporto molto favorevole di solo 1.5 volte l’EBITDA.
- L’azienda ha un obiettivo di EBIT sulle vendite non distante da quello già raggiunto, ma ha ancora margini per tagliare i costi e raggiungere ulteriori sinergie. Resta da vedere se il rafforzamento della valuta, ormai partito di pari passo con il recupero dei prezzi delle materie prime possa interrompere il progresso. Sicuramente lo farà nella seconda parte dell’anno fiscale, a sentire i commenti del management.