I dati semestrali di Laurent Perrier (aprile-settembre 2021) sono stati eccezionali e sono il frutto del lavoro fatto sul miglioramento del posizionamento del prodotto (il 47% è “high-end” rispetto al 38% di 10 anni fa e al 42% del 2019) e sulla qualità della distribuzione. Nonostante l’azienda sia “piccola” rispetto al colosso LVMH, nei sei mesi ha messo a segno un margine operativo del 28%, vendendo 5.5 milioni di bottiglie a un prezzo medio di 23 euro. Uguale a LVMH che nel semestre ha registrato un margine sui vini e Champagne (metà e metà in volume) del 28% (uguale), vendendo 50 milioni di bottiglie (10 volte tanto) a un prezzo medio di 22 euro circa (quasi uguale).
Il recupero è quindi completo e restituisce agli azionisti un’azienda focalizzata su un solo marchio, con una rete di fornitori solida e una strategia chiara di continuare sulla strada della “premiumizzazione”. Nelle tabelle sotto trovate soltanto il 2019 e il 2021 perchè il 2020 è un anno da dimenticare e da non usare come base di confronto. Rispetto al 2019, nel semestre le vendite crescono del 30%, di cui il 10% è prezzo-mix e il 20% sono volumi, 5.5 milioni di bottiglie contro 4.6. Le vendite sono a +9% in Francia, +47% in Europa e +23% nel resto del mondo.
I margini sono sopra il livello pre-crisi, ma non tanto a livello industriale (54%), quanto per il fatto che è calata (io penso temporeamente) l’incidenza dei costi commerciali, addirittura in valore assoluto rispetto al 2019 a fronte di un incremento del 30% delle vendite. Questo porta il margine operativo dal 20% al 28% o da 19 a 36 milioni in quello che è il periodo stagionalmente meno favorevole per le aziende del settore.
Le cose vanno bene anche a livello finanziario, con il debito che cala a 273 milioni a settembre 2021 (era 280 milioni a marzo e 316 milioni a settembre 2019, prima della crisi). Se confrontato al magazzino di 600 milioni di euro siamo su rapporti molto più contenuti che per le altre aziende della Champagne quotate.
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