La rilevazione CREA del valore dei vigneti è l’argomento di oggi. Nella sezione Solonumeri troverete tutti i dati dal 2000 in avanti con il dettaglio (qui non commentato) di province e regioni anche per zona altimetrica: se volete accomodarvi, questo è il link della pagina dedicata all’Italia.
Venendo ai numeri, il CREA disegna un panorama stabile per i valori immobiliari nel 2020 nel loro complesso (+0.1%), con un dato positivo (ma calante rispetto al passato) per le regioni del nord ovest, Piemonte e Valle d’Aosta (+1/1.5% rispetto ai ritmi di crescita superiori al 2% degli anni recenti), un dato sempre molto positivo per la Puglia (+2%) e una sorta di normalizzazione nel resto dell’Italia. Spunta anche qualche segno negativo, segnatamente in Campania (-3%) dove viene cancellato il progresso degli ultimi anni.
A livello provinciale i dati sono di più difficile lettura (li trovate nell’ultima lunghissima tabella del post) ma evidenziano l’andamento ancora positivo di alcune province come Cuneo, Asti, Mantova, Foggia, Bari, Udine, Matera giusto per menzionare quelle che saltano all’occhio.
Last but not least, in questo post ho aggiunto un’ulteriore analisi, quella del valore corretto per l’inflazione. Ossia, i soldi investiti in vigneti hanno mantenuto il loro valore nel tempo. Il grafico qui sotto vi fa vedere due linee: quella del valore nominale (scura) e una seconda dove gli euro dei diversi anni sono stati trasformati in quelli di oggi. Per esempio, il valore di 53800 di fine 2020 diventa oggi 57800, vista la svalutazione della moneta del 7.4% (proprio così!). Il grafico vi dice due cose. Primo, che ci sono state tre fasi negli ultimi 20 anni a livello italiano. La grande rivalutazione, con un picco nel 2007. Una fase di graduale perdita di valore cominciata con la grande crisi globale del 2008-2009 e terminata alla fine della seconda crisi (questa tutta nostra!) del 2012-14, un recupero graduale negli anni successivi.
Secondo, il problema viene adesso. L’inflazione galoppante degli ultimi mesi sta stravolgendo la leggibilità di questi numeri e sarà interessante vedere se i valori fondiari manterranno la promessa di proteggere dall’inflazione. Tra un anno, quando leggeremo i dati di fine 2021 dovremmo vedere un dato del 5.5% superiore a quello del 2020 per dire che “i soldi sono stati protetti dalla svalutazione”, nel 2022 se anche l’inflazione si fermasse ora (il che non è) dovremmo aggiungere un altro 2% (la cui somma fa il 7.4% circa di cui sopra).
Vedremo. Per ora vi lascio ai dati.
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